La nominalizzazione deverbale è un processo di derivazione lessicale attraverso il quale risulta possibile costruire dei nomi a partire da verbi esistenti. I nuovi sostantivi così creati possono essere categorizzati in diverse classi. Nella guida vediamo proprio come riconoscere le tipologie dei nomi deverbali.
Il processo derivativo descritto nell’introduzione consente di produrre vocaboli appartenenti ad una classe grammaticale differente da quella di partenza, infatti parti da un verbo e generi un lessema di tipo differente, nel caso in esame ottieni infatti un nome. Se parti dal verbo nuotare e ottieni il nome nuotatore hai costruito un nomina agentis, in quanto hai denominato colui che esegue l’azione del verbo da cui sei partito.
Nel caso in cui a partire dal verbo spremere derivi il sostantivo spremuta, in esso puoi riconoscere la tipologia dei nomi deverbali cosiddetti nomina actionis. Esempi simili li puoi trovare anche nei nomi corsa (ottenuto dal verbo correre) e costruzione (ricavato a partire dal verbo costruire). Essi denotano l’azione tipica associata al verbo originale. L’utilizzo di suffissi adatti incorpora il processo derivativo applicato.
Poi se parti dal verbo scrivere e costruisci la parola scrittoio, in essa puoi ritrovare la tipologia caratteristica del nomina loci, in quanto essa descrive il luogo, per eccellenza, dove l’azione attesa relativa al verbo iniziale avviene. Ti invito adesso a riflettere sull’aspetto semantico del nome derivato secondo le indicazioni descritte nella guida. In generale il significato di esso è perfettamente equivalente al verbo di partenza.
In questo caso puoi parlare di derivazione semanticamente non marcata. Tuttavia ci sono casi in cui il significato del nome deverbale ottenuto è leggermente dissimile da quello del verbo iniziale, come puoi notare nella trasformazione di rimpatriare in rimpatriata (di significato ben diverso da rimpatrio), oppure di mangiare in mangiata. In questi casi stai effettuando un tipo di nominalizzazione semanticamente marcata. La marcatura sconfina, di fatto, dal campo semantico a quello pragmatico.